sabato 23 febbraio 2008

Quando i fiumi si prosciugano... gli ingegneri rovesciano cemento (3)

Tratto da:
Fred Pearce, Un Pianeta Senz'Acqua
Il Saggiatore, © 2006






Le grandi dighe (compresa quella delle Tre Gole - nota come Three Gorges Dam - sullo Yangtze Kiang, cui si riferiscono tutte le immagini di questo post) oggi contengono fino a 7000 km cubi d'acqua. La maggior parte dei grandi sistemi fluviali del mondo, tra cui Yangtze Kiang, Rio delle Amazzoni, Orinoco, Gange, Brahmaputra, Zambesi, Amur, Jenisej e Indo, ospita dighe. I fiumi non ancora regolati scorrono nella tundra artica e nelle foreste dell'estremo nord. In fiumi come il Colorado, il Volta o il Nilo, le dighe riescono a immagazzinare il doppio o il triplo del volume che annualmente transita in alveo. I loro effetti idrologici, ecologici e sociali sono immensi: basti pensare che, fino agli anni '90, meno della metà delle dighe possedeva il documento di valutazione d'impatto ambientale prima dell'inizio dei lavori. E meno ancora avevano il consenso della gente, spesso costretta a trasferirsi per via della loro costruzione.









Da pochi anni si è cominciato a valutare seriamente se i benefici di uno sbarramento superino, negli effetti, le controindicazioni ecologiche, sociali ed economiche. Un fattore decisivo di questo cambio di atteggiamento è stato la Banca Mondiale. Si calcola che nella seconda metà del XX° secolo la banca abbia speso 75 miliardi di dollari per costruire dighe in 92 Paesi. Ma alla fine degli anni '80 le analisi del rapporto costi-benefici misero in discussione la convenienza di questi investimenti. Si registravano enormi aumenti dei costi rispetto ai preventivi, episodi di corruzione per miliardi di dollari, progetti inadeguati ed errori di natura idrologica che lasciavano vuoti gli invasi, turbine mai collegate alla rete nazionale e progetti d'irrigazione mai completati. Inoltre, si aggiunga che almeno 10 milioni di persone, all'inizio degli anni '80, erano già state costrette a trasferirsi. Sotto la pressione di un coro crescente di oppositori, la Banca ritirò i propri finanziamenti per una diga da realizzarsi sul fiume Narmada, in India. Non sapendo come procedere, la stessa Banca istituì una commissione mondiale sulle dighe (World Commission on Dams, WCD >> http://www.dams.org/), cui fu assegnato il compito di esaminare pregi e difetti degli sbarramenti più imponenti, al fine di stabilire alcune regole in base alle quali valutare l'efficienza di una diga.




Il rapporto conclusivo della WCD (http://www.dams.org/report/) fu presentato a Londra nel 2000, con grande pubblicità, sotto lo sguardo benevolo di Nelson Mandela e quello più rigido di James Wolfensohn, direttore della Banca Mondiale. Era ancora più critico verso le dighe di quanto ci si aspettasse: la maggior parte degli sbarramenti considerati non manteneva le promesse. In media, i costi finali superavano quelli preventivati di un abbondante 56%. Metà delle dighe a scopo idroelettrico produceva meno energia del previsto; il 66% delle dighe costruite per fornire acqua alle città ne distribuivano meno di quanto preventivato in sede progettuale (il 15% del totale, addirittura, forniva meno della metà del volume indicato dagli opuscoli informativi distribuiti per accattivarsi la futura utenza). E le dighe a scopo irriguo non andavano certo meglio: un quarto di esse irrigava meno del 35% della superficie prevista. Persino le dighe edificate per prevenire le inondazioni avevano aumentato la vulnerabilità agli eventi di piena delle comunità limitrofe, poichè i loro serbatoi venivano riempiti fino al livello di massimo invaso, al fine di aumentare la produzione di energia idroelettrica.


La commissione, inoltre, scoprì che almeno 80 milioni di abitanti delle campagne avevano, in tutto il mondo, perso le loro case, la loro terra e, di conseguenza, i loro mezzi di sostentamento. La diga di Akosombo sul fiume Volta, nel Ghana, aveva ad esempio provocato l'evacuazione di 80000 persone; quella più famosa di Assuan, in Egitto, aveva costretto al trasferimento circa 120000 persone, oltre a obbligare il governo a sobbarcarsi delle enormi spese per spostare i templi di Abu Simbel, che rischiavano di rimanere sommersi per via dell'innalzamento (di circa 62 metri) del livello del tirante in alveo. La lista degli spostamenti si protrarrebbe ancora a lungo, ma occorre fermarsi un attimo per capire che il problema è il seguente: per che cosa viene fatto tutto questo ? E' stato calcolato che la diga di Assuan, ad esempio, genera appena 5 kilowatt per ogni ettaro di terreno inondato, mentre quella di Akosombo scende fino a 0,9 kilowatt. Per non parlare dell'invaso di Brokopondo, nel Suriname: a regime siamo sui 0,2 kilowatt. Niente di più che una miseria.

La distruzione ecologica causata dalle dighe è stata oltremodo vasta. La commissione ha scoperto anche che, lungi dal rendere verde il deserto come promesso, molte dighe ne hanno favorito l'avanzata, prosciugando zone paludose e umide e rendendo i terreni sterili per via delle infiltrazioni saline. Il 25% dei terreni irrigati nel mondo, per lo più grazie alle dighe, è stato danneggiato dal sale. Intanto, l'accumulo di limo all'interno degli invasi ha diminuito di circa il 50% la capacità di un decimo delle dighe più datate. Bloccando il deflusso di limo lungo i fiumi, le dighe hanno ridotto la fertilità delle pianure alluvionali e provocato immancabilmente l'erosione delle sponde dei corsi d'acqua, dei delta che si allargano verso il mare e anche di alcuni tratti costieri più distanti. A causa delle dighe, le lagune costiere lungo il litorale dell'Africa Occidentale stanno scomparendo. Il crudele meccanismo causa-effetto ha appena iniziato a girare contro di noi... (fine)

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