lunedì 11 febbraio 2008

Nella Costa Degli Dei: cronache di un viaggio all'inferno


11.08.2007




Mentre compio il mio viaggio solitario, la lotta che si svolge nella mia mente per la prevalenza tra le diverse forme pensanti si restringe gradualmente a due partecipanti: da una parte lo stupore per la meraviglia dei luoghi che osservo, dall’altra lo shock per lo stato d’incuria cui essi sono relegati.
Il treno che mi accompagna comincia il suo viaggio dalla stazione ferroviaria di Joppolo, un piccolo centro abitato posto vicino al confine tra le province di Vibo Valentia e Reggio Calabria, in prossimità dello strapiombo noto col nome di Petto Della Torre. Quando mi avvicino al finestrino e guardo giù dal dirupo, verso quell’azzurro mare che si trova circa 400 metri più in basso, avverto una strana sensazione, come se su quel treno dovessi essere l’ascoltatore prescelto di un indefinito narratore, che racconta cento storie opposte, antitetiche, tutte nel breve spazio di pochi chilometri.


Tuttavia, per quanto tali storie siano differenti tra loro, esiste qualcosa che le accomuna, e che in esse si ripete: si tratta del brusco risveglio che la triste realtà di alcuni luoghi mi riserva, giusto un istante dopo avermi mostrato le sue sembianze migliori.

Contrariamente a quanto si potrebbe credere, non si tratta di uno sfortunato set di reazioni che giocano a rincorrersi, ma si tratta della forma reale di un’empirica legge di compensazione che può essere espressa nei seguenti termini: ciò che la bellezza da, l’incuria toglie.
E’ attraverso l’applicazione di questa legge che mi rendo conto di come le spiagge di Capo Vaticano, la cui vista regala, specialmente durante la morente estate, sensazioni superbamente oniriche, siano intervallate tra loro da cumuli di rifiuti di ogni genere, da costruzioni pericolanti e presumibilmente abusive, esteticamente trascurate, da tratti stradali spesso impraticabili e decisamente inadeguati al volume di traffico che ci si aspetterebbe in un luogo di villeggiatura.
Al mio occhio non sfugge di notare come le spiaggette vogliano addirittura nascondersi agli occhi dei visitatori, quasi come se volessero sottrarsi all’impietoso confronto con quanto di estraneo compare nelle loro vicinanze, quasi come se la loro giustificata vanità non volesse scendere a compromessi con il mondo degli orrori.
Quando il treno mi accompagna ad osservare le spiagge dall’alto, mi accorgo che se i bagnanti avessero bisogno di un qualsiasi elettrodomestico, non dovrebbero sottrarsi ai raggi del sole anzitempo tornando in casa, ma gli sarebbe sufficiente voltare lo sguardo dalla parte opposta per trovarne in abbondanza, gratuitamente e di maleodoranti.
Giro lo sguardo verso il ciglio della strada, e mi rendo conto di avere davanti ai miei occhi l’esempio inequivocabile di come il mondo degli orrori possa soffocare la bellezza dei luoghi.
Appena il treno si ferma alla stazione di Santa Domenica di Ricadi, proprio come è accaduto in quelle precedenti e come forse accadrà in quelle successive, inizio a pensare di avere oltrepassato i confini tra il mondo reale, nel quale ad ogni aspetto negativo fa fronte un aspetto positivo, ed il mondo degli orrori, nel quale al peggio non c’è mai fine, e dove tutto quanto è al crepuscolo.

Benché la carta geografica mi dica di trovarmi discretamente lontano da New York, mi rendo conto che ciò che vedo sulla parete della stazione, quella rivolta verso i binari, sarebbe in tono con ciò che lo circonda solo se la carta mi dicesse di trovarmi nei peggiori quartieri della Grande Mela.
Rivolgo lo sguardo verso il marciapiede e penso che un tale stato di incuria sarebbe giustificabile soltanto nel caso in cui un giorno, per motivi dalle sembianze apocalittiche, l’Italia si svuotasse e tutti i suoi abitanti partissero per sempre.
Prima di ripartire mi accorgo che il murales che copre la parete della stazione rivolta verso i binari arriva a sovrapporsi addirittura, in maniera grottesca, alla tabella che reca in calce il nome della stazione, e mi rallegro del fatto che mi sia impedito di leggere, su quella stessa tabella, di quale dantesco girone infernale io stesso sia ospite.
La stessa sensazione si ripresenta quando, oltrepassata la desolante stazione di Tropea, a comparire sulla tabella a sfondo azzurro è la parola Zambrone, località nota per la presenza dell’Aquapark, un importante complesso turistico.

Il viaggio giunge al termine quando lascio il mio posto a sedere sul treno ed abbandono il convoglio; di fronte a me, nascosta tra gli inequivocabili segni del degrado moderno, c’è la tabella con su scritto Pizzo Calabro.
Uscendo dalla stazione e compiendo i primi passi tutt’intorno, mi rendo conto del fatto che da queste parti si respira un’aria insolita, che ha l’acre odore di una malriuscita commistione tra il vecchio ed il nuovo. Questa cittadina, non lo si scopre certo adesso, ha un passato molto più glorioso di quanto possano esserlo il suo presente ed il suo futuro messi assieme: a cavallo tra il XVIII° ed il XIX° secolo, quella che oggi è una piccola spiaggetta ai piedi del castello costituiva il secondo più importante punto d’attracco del Regno delle Due Sicilie; quella che oggi è occupata da immondizie varie e da malconce barchette di pescatori, riusciva ad ospitare, prima che l’erosione costiera ne riducesse le dimensioni e l’importanza, imponenti navi trialbero.
Non posso poi dimenticare la presenza del castello, anch’esso tenuto al massimo del suo splendore dai Borbone, le mura del quale, il 13 ottobre 1815, assistettero agli ultimi attimi di vita di un fuggiasco Joachim Murat, cognato di Napoleone Bonaparte.


Mentre faccio ritorno verso casa mi chiedo, con molta preoccupazione e con la convinzione di chi, volendo ammirare un paesaggio, si è perfino trovato ad averne pietà, se mai il mondo degli orrori possa condizionare la magnificenza dei luoghi a tal punto da farla sminuire. La mia unica sicurezza è che, anche lasciando i luoghi al crepuscolo, essi non potranno mai cessare di meravigliare per la loro offuscata bellezza.























1 commento:

Anonimo ha detto...

castellà oggi prendiamo il caffè assieme...micidiale (ps: non centra nulla con il racconto che io e l'inseparabile dottor mazza abbiamo letto...saluti