domenica 14 febbraio 2010

"Voglio fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi"


Le do la mano mentre risaliamo questo spettacolare scorcio di scalinata, nell'unico momento della giornata in cui l'isola può respirare. Le avevo promesso che avremmo evitato tutte le banalità, tutte le frasi fatte ed i viaggi pronti, perchè ho litigato da piccolo con le etichette. Ed eccoci quì, silenti e raggianti, a prendere parte ad un evento che accade in ogni sera delle nostre giornate, ma molto raramente nelle nostre anime. Il sole va giù ed incendia l'orizzonte, di fronte alle coste frastagliate di Santorini, e noi avanziamo verso lo spettacolo tenendoci per mano, arrancando sulla gradinata trasportati solo dalle nostre umili ciabatte e dalla nostra voglia di immenso. Il cielo è grande sopra di noi, e collega tempi e spazi infiniti, futuri e passati reali, alternativi o sognati, genti mai conosciute e genti che verranno. La sua pelle è liscia e riflette l'eco della stella che non c'è più, e pare morbida, profumata, immensa come le venature rosso fuoco che si stemperano nel blu della notte che incombe. Sono stati giorni molto semplici questi: solo ciabatte lavorate a mano, comodi costumi, qualche libro e migliaia di pensieri scagliati contro il cielo, come a voler ricordare a noi stessi che esistiamo a prescindere da tutto ciò che è materiale. Sento la sua mano stringere forte la mia, a voler significare che si fida del regista di tutto questo, e allora, appena arrivati in cima, ci sediamo a cavalcioni sul muretto bianco che delimita la strada, e parte l'incanto. Tra tutti coloro che vorrei fossero con me, o coloro che vorrei essere in questo momento, nessuno eguaglia la mia persona, ma mi trovo costretto a prendere in prestito le parole di Pablo Neruda, un uomo che ha respirato sogni, difficoltà ed aria d'oceano, per tirare fuori, anche se solo con gli occhi, tutto ciò che ho dentro. Perché tu possa ascoltarmi le mie parole si fanno sottili, a volte, come impronte di gabbiani sulla spiaggia*.
Le si dilatano le pupille, lo sguardo le si fa serio, tremante, eccitato e forse anche impaurito, perchè è vero che quando i momenti che viviamo sono importanti, non sappiamo mai quale espressione tenere, e quindi le proviamo tutte. Non assomigli più a nessuna da quando ti amo*.
Voglio fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi*, e farti sbocciare, vivere, rivivere, stancarti, rifocillarti, sognarti, desiderarti, farti piangere, sorridere, dipingerti, colorarti, descriverti, assuefarti a me, o forse più banalmente voglio amarti. Non importa questo posto, nè queste ciabatte, nè la gente che ci sta intorno, nè il fuoco sulla spiaggia di queste notti. Importa il tempo, importa il modo, importa la luce nei tuoi occhi, importano le tue labbra soffici e tremanti, importa il vento tra i tuoi capelli.
Importa il fatto che se non fossi quì, ti verrei a cercare in mezzo ai ciliegi...
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* da Pablo Neruda, Venti poesie d'amore e una canzone disperata, traduzione di Roberta Bovaia, Guanda.

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